RESTO AL SUD?

Ieri il CIPE ha approvato la prima assegnazione di risorse, per il triennio 2017-2019, per la misura Resto al Sud. Il commento della Portavoce Maria Cristina Pisani sull’ HuffPost Italia.

Con il via libera della Camera il decreto per il Mezzogiorno è legge. L’articolo 1 in particolare introduce una nuova misura di incentivo per i giovani del Mezzogiorno, per promuovere la costituzione di nuove imprese. La misura, denominata “Resto al Sud”, è uno strumento incentivante per dare concretezza alle idee dei giovani, incoraggiandoli a realizzare strategie imprenditoriali in grado di fronteggiare il problema dell’abbandono dei territori di origine e di rilanciare l’economia.

E in uno scenario sempre più caratterizzato da dati incerti sulla disoccupazione giovanile e dalla fuga dei cervelli dai territori di origine, è un provvedimento importante. È necessario infatti ridare speranza ai giovani attraverso misure che attestino la volontà di un supporto concreto da parte delle istituzioni e che diventino motivo di incoraggiamento per la realizzazione delle idee e dei progetti nonché per la presa a carico delle potenzialità e delle capacità latenti dei nostri giovani a supporto anche dell’economia del Paese.

Tuttavia quanto è giusto che la misura sia rivolta solo alla costituzione di nuove imprese e non anche “semplicemente” all’introduzione di strumenti di politica attiva direttamente spendibili da parte del singolo giovane? Una misura vincolata alla costituzione di nuove imprese potrebbe incontrare seri intoppi pratici, burocratici e operativi comportando in definitiva, un rallentamento e inficiando lo scopo dell’incentivo stesso.

Una nuova cultura d’impresa forse si crea maggiormente se già si ha un’idea di cosa sia un’impresa e forse sarebbe stato maggiormente utile se le misure relative alla nascita delle imprese fossero state altresì supportate da ulteriori strumenti di accompagnamento nella crescita delle stesse. Come potranno sopravvivere realtà di imprese in un contesto territoriale già complicato per carenza di infrastrutture, indotto e prospettive?

La richiesta di coraggio e di impegno da parte dei nostri giovani deve infatti trovare solide basi in un piano di rinnovamento delle potenzialità dei territori – incubatori di speranze e di idee progettuali.

Sarebbe infatti stato altrettanto interessante prevedere la possibilità di sfruttare tali finanziamenti non solo per la costituzione di nuove imprese ma anche per offrire ai giovani, desiderosi di rientrare nei loro territori, uno strumento appetibile e spendibile nei confronti delle imprese già insediate. Questo strumento avrebbe potuto, in definitiva, oltre che rappresentare una possibilità formativa/lavorativa per i giovani beneficiari, garantire l’intero emolumento del contratto di lavoro per l’impresa (espressamente vietato dal provvedimento) nonché il superamento di farraginosità burocratiche e amministrative.

Infine, le disposizioni del provvedimento non sono previste anche per le attività libero professionali e del commercio e una tale preclusione comporta una grave discriminazione di trattamento di una parte rilevante del tessuto produttivo italiano. In cosa questi differiscono nei fatti da un’impresa?

L’auspicio è che persista la volontà di intraprendere azioni volte a supportare l’insediamento e l’evoluzione di una nuova cultura d’impresa soprattutto al Sud nonché una nuova interpretazione del territorio in cui i giovani sono e devono voler essere i veri protagonisti.

Per favorire lo sviluppo delle politiche rivolte ai giovani e aumentare la consapevolezza del loro contributo nello sviluppo sociale-economico-politico del nostro territorio, al Sud ma non solo.

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