LA PORTAVOCE MARIA PISANI SULL’HUFFINGTON POST: “PER I GIOVANI NIENTE PIU PROCLAMI MA PROGRAMMI”

Le ultime elezioni politiche hanno offerto un verdetto importante: sono circa 14 milioni gli italiani che non si sono recati alle urne, in aumento rispetto alle precedenti elezioni del 2013.

Interessante notare alcuni elementi offerti dall’analisi dei flussi elettorali: in primo luogo, circa l’80% di chi si era astenuto nel 2013 ha nuovamente scelto l’astensione nella recente tornata elettorale; il 35% dei giovani elettori al primo voto, ovvero in età compresa tra i 18 e i 22 anni, hanno preferito astenersi; i cittadini meridionali hanno meno partecipato al voto anche se la maggiore differenza in negativo rispetto alle politiche precedenti è avvenuta in vaste porzioni di Emilia Romagna, Lombardia e Veneto.Negli ultimi decenni la partecipazione popolare si è progressivamente ridotta fino al minimo storico rappresentato proprio dalle ultime elezioni politiche del 4 marzo: all’interno di questa evidenza risulta fortissima la difficoltà dei giovani tra i 18 e i 34 anni, che per un terzo hanno deciso di non votare (una percentuale più alta l’hanno raggiunta gli elettori over 65 anni che, però, forse hanno risentito maggiormente anche delle cattive condizioni climatiche che il freddo di fine febbraio e di inizio marzo ha provocato).

Oggi, a seguito del voto, mentre il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella sta verificando quale governo è possibile formare, la nostra domanda non può che essere una: perché cresce il distacco tra elettorato e esercizio del proprio diritto di voto? E perché tale scissione tra esistenza individuale e determinazione delle scelte pubbliche è più accentuata tra i giovani italiani?

Negli ultimi decenni la nostra democrazia è cambiata, il sistema dei diritti ha smesso di includere le nuove generazioni, la marginalità sociale e occupazionale unitamente alla difficoltà di immaginare il futuro sono divenute questioni essenziali per la vita di milioni di giovani.

Ma a questa scissione tra una dimensione globale dello smarrimento e una dimensione locale della solitudine quali risposte sono state fornite?

Chi ha ascoltato la domanda di cambiamento autentico che i giovani italiani hanno rivolto alle classi dirigenti del paese? Chi ha rilevato il desiderio di accedere al futuro, in modo autonomo e dignitoso, di una fetta significativa della nostra società?

Direi pochi. E spesso male. Il futuro del paese e l’apporto che possono e devono offrire le giovani generazioni sono completamente assenti dal dibattito pubblico e ciò provoca in primo luogo il loro allontanamento dalla partecipazione politica e il conseguente aumento del loro tasso di astensionismo.

D’altro canto, come potrebbe il nostro paese affrontare a le sfide future senza includere e rendere partecipi alla vita democratica intere generazioni?

A distanza di oltre un mese dal voto del 4 marzo i problemi inevasi rimangono sul tavolo, dalla funzione economica e sociale che le nuove generazioni possono avere a un rinnovato welfare state.

Oggi le forze politiche sono chiamate a ricercare intese nel nuovo parlamento. Sarebbe auspicabile che il confronto fosse serrato per definire un articolato programma di governo con l’obiettivo dichiarato di contrastare le difficoltà investendo nei giovani, nell’alta formazione, nella capacità di rinnovare le competenze presenti nella pubblica amministrazione e nell’impresa.

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