Dopo l’incontro con Conte a Villa Pamphilj parla Maria Cristina Pisani, Presidente del Consiglio Nazionale Giovani su Linkiesta.it
Tanti i temi messi sul tavolo degli Stati generali voluti da Conte per rilanciare l’economia italiana post Coronavirus. Tra i nodi ancora da sciogliere c’è sicuramente la questione generazionale ed il carico che graverà sui giovani nei prossimi anni. Formazione, accesso al lavoro e debito pubblico pesano già su una generazione che non ha ancora la possibilità di contribuire, in prima persona, a reinventare (così ha detto il premier) l’Italia. In questo dialogo Maria Cristina Pisani, Presidente Consiglio Nazionale Giovani, indica temi e strategie per modernizzare il Paese.
Lei ha partecipato come Presidente del Consiglio dei Giovani, quale organo consultivo cui è demandata la rappresentanza dei giovani nella interlocuzione con le Istituzioni, agli Stati generali dell’Economia su invito del Presidente del Consiglio Conte. Com’è andata?
E’ stato un lunghissimo e proficuo confronto, durato due ore, alla presenza non soltanto del Presidente del Consiglio ma anche di molti Ministri. E’ stata un’occasione importante per definire insieme misure che possano permettere una ripresa più rapida, strutturale e strategica anche nell’interesse delle giovani generazioni che, da tempo, soffrono di un grave deficit di rappresentanza.
Se è vero che il costo sociale diretto, di questa crisi sanitaria è la mortalità che ha colpito in primo luogo gli anziani, soprattutto in Italia, il costo indiretto maggiore sarà a carico dei giovani, anche a causa dell’ulteriore e inevitabile aumento del nostro debito pubblico?
Com’è noto, l’emissione di debito pubblico sposta l’onere fiscale sulle generazioni future. Tutto ciò pone dinanzi ai nostri occhi un urgente problema di sostenibilità e equità intergenerazionale. Per questo abbiamo chiesto di istituire un tavolo di lavoro permanente per garantire in modo stabile e continuativo forme e modalità di partecipazione e di rappresentanza dei più giovani ai processi decisionali, per riconoscere a livello istituzionale la centralità delle istanze del mondo giovanile e per favorire l’assunzione di responsabilità da parte dei giovani. Allo stesso modo abbiamo chiesto che venga istituito un quadro di riferimento legislativo nazionale per evitare la frammentarietà delle iniziative, attraverso un’azione chiara ed efficace di governance delle istanze giovanili. In Europa alcuni Stati hanno messo in campo atti normativi specifici sul tema; altri dispongono di piani di azione strategici o di nuovi obblighi di consultazione dei giovani; altri ancora sviluppano pratiche orizzontali, ad esempio attraverso riunioni interministeriali. Chiediamo coraggio e audacia, la capacità di comprendere i bisogni reali e di disegnare nuovi strumenti e modalità per soddisfarli. I dati statistici con cui ci confrontiamo ogni giorno sono importanti ma dietro quei numeri ci sono vite e passioni.
Questa generazione, sta pagando i costi di tre crisi che si sono susseguite: quella globale del 2008, quella italiana ed europea del 2012 e infine quella odierna causata dalla pandemia da Covid-19, con quali strumenti i giovani italiani potranno affrontare le difficoltà che hanno già incontrato, prima della pandemia?
Crisi che hanno messo in discussione sogni, sicurezze e relazioni e che continuano a creare barriere di ogni tipo. Dapprima nell’accesso alla formazione, in particolare terziaria: i dati più recenti ci mostrano un preoccupante calo delle immatricolazioni all’università, in controtendenza rispetto al resto del mondo occidentale, a causa di una difficoltà economica delle famiglie. E’ evidente che la questione affonda le radici in nostre debolezze storiche: un’istruzione distante dal mondo del lavoro, scarsi investimenti in formazione e ricerca; un sistema imprenditoriale ancorato a modelli produttivi poco innovativi e incapace di assorbire nuove competenze. C’è quindi bisogno di una risposta strutturale che riformi in profondità queste realtà. Ogni anno in Italia vengono spesi miliardi di euro in migliaia di programmi di formazione della cui effettiva efficacia non abbiamo alcun riscontro e nei quali viene privilegiata la logica dell’aula piena piuttosto che dei risultati occupazionali.
Eppure l’ultima memoria presentata dall’Istat raffigura uno scenario preoccupante per i giovani, dal momento che, a causa della pandemia da coronavirus, la disoccupazione, sia in percentuale che in valori assoluti, registra un numero molto più significativo tra i giovani lavoratori anche nel confronto con altre fasce d’età.
E l’inevitabile calo dell’occupazione avrà come conseguenza diretta la riduzione dei redditi. Nonostante gli sforzi condotti negli ultimi anni per contrastare il fenomeno, il tasso di disoccupazione giovanile si attesta ancora su livelli altissimi, accompagnato da un dato ancora più preoccupante: quello dei giovani non occupati e non in istruzione e formazione. In tutti questi casi l’indipendenza non è una scelta. La casa dei genitori diviene l’unico approdo. Parliamo di 7 milioni di giovani italiani fra i 18 e i 34 anni di età, di oltre il 67 per cento di questa generazione. Abbiamo chiesto, per questo, non semplicemente di potenziare ma riorientare parte dei nostri servizi per l’impiego interamente sulla priorità giovanile con sportelli dedicati a diverse attività che partano dall’orientamento già alle scuole medie ma che offrano anche supporto sociale e psicologico, consentendo di accompagnare un giovane in tutto il suo percorso. Di questo hanno bisogno i giovani di oggi: di non essere lasciati soli. Ed è essenziale muoversi in tal senso anche per affrontare, nell’immediato, il rapido calo occupazionale causato dalla pandemia. Per questo abbiamo chiesto di rafforzare ogni strumento di contrasto alla precarietà in luogo di contratti con garanzie e tutele mediante incentivi alla stabilizzazione con l’obiettivo anche di scoraggiare il drammatico ricorso a collaborazioni, prestazioni occasionali o peggio ancora, all’utilizzo di false partite Iva. Allo stesso tempo, abbiamo sottolineato l’urgenza della ripresa del confronto relativamente ai profili della pensione di garanzia per i giovani, perché, di questo passo, molti di loro cumuleranno pensioni da fame a causa di carriere discontinue, part time involontari e salari bassissimi.
Non pensa che la digitalizzazione dei processi educativi e lavorativi sarà una sfida da vincere per le future generazioni?
Certo. All’Italia manca una dorsale digitale che possa interconnettere il mondo italiano dell’educazione e dell’impresa. E’ una rivoluzione ambiziosa, che gioverebbe in termini di riequilibrio socio-economico e che permetterebbe a tutti di poter rilanciare le proprie economie attraverso le tecnologie abilitanti, oltre che di veder garantito il diritto allo studio anche nelle aree rurali più remote del paese. Digitalizzazione che permetterebbe di trainare con sè l’economia delle future generazioni grazie a una maggiore eco-sostenibilità, ad una valorizzazione della cultura, ad una formazione specifica e ad un investimento innovativo sul patrimonio artistico.
La crisi attuale ci insegna quindi che le scelte politiche dovranno d’ora in poi tornare ad essere lungimiranti, a progettare il futuro piuttosto che a subirne l’impatto. In che modo secondo lei?
Abbiamo rappresentato al Presidente del Consiglio che soltanto sporadicamente, in Italia, vengono effettuate ricerche che ci avvertono di tendenze che il legislatore dovrebbe indirizzare e questo non ci consente di avere una visione d’insieme che permetta strategie di lungo periodo per i giovani. Più spesso accade che siano eventi drammatici, come l’attuale crisi, ad accendere brevemente i riflettori sulle giovani generazioni, generando tuttavia proposte settoriali che rischiano di mancare dell’organicità necessaria alla soluzione di problemi complessi. Per questi motivi, considerando i costi sociali che già̀ sono costretti a sostenere, abbiamo proposto un piano strategico pluriennale di intervento per i giovani e l’istituzione dell’obbligo della valutazione dell’impatto generazionale per ogni legge per ogni provvedimento pubblico al fine di individuare in dettaglio gli obiettivi attesi in termini di sostenibilità̀ ed equità̀ intergenerazionale, anche nel medio e lungo periodo e di valutare gli effetti prodotti dalle politiche pubbliche intraprese sulla condizione sociale ed economica dei giovani.