Solo 4,5 miliardi del Recovery Plan ai giovani, così il Paese non guarda al futuro

Leggi l’articolo della Presidente del Consiglio Nazionale dei Giovani, Maria Cristina Pisani, su HuffingtonPost.it

 

A quasi un anno dall’inizio dell’emergenza sanitaria prima e della crisi socio-economica poi, iniziano a intravedersi gli effetti dei ritardi che il nostro Paese ha accumulato almeno negli ultimi vent’anni.

Alla drammatica caduta del Pil si somma adesso la diminuzione dell’occupazione giovanile. Su scala annuale, la differenza tra il dicembre 2019 e il 2020 è marcata da circa un punto percentuale: lo scorso anno il dato sulla disoccupazione giovanile era al 28,4%, mentre quest’anno si attesta al 29,7%. Tuttavia, quel -1,3% è da ritenere parziale, se consideriamo che molti giovani sono impiegati con forme contrattuali diverse dal lavoro subordinato.

L’ho già detto in altre occasioni ma giova ricordarlo ancora una volta: in assenza del blocco dei licenziamenti imposto dal governo e della cassa integrazione per la maggior parte delle categorie produttive, il quadro sarebbe di gran lunga peggiore.

A pagare il conto più salato saranno donne e giovani, in particolare autonomi e lavoratori con contratti a tempo determinato. Gli effetti di queste riduzioni – sostanzialmente un impatto generazionale asimmetrico – se non nell’immediato, saranno visibili nel medio-lungo periodo. Ecco perché non possono ritenersi sufficienti misure isolate e settoriali, persino le decontribuzioni previste dall’ultima Legge di Bilancio, per favorire una crescita reale e durevole dell’occupazione che deve essere, costi quel che costi, l’obiettivo prioritario delle politiche pubbliche.

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